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I CIGNI SELVATICI o
marano narrare
—
dava loro tutti i dolci e le frutta
che erano rimasti sulla tavola :
quella volta invece la matrigna
non concesse che un piatto pieno
di sabbia.
_ Siccome fate per chiasso —
disse ridendo — potete benissimo
immaginare che questa sabbia sia
la più squisita ghiottoneria. —
La settimana dopo fece porta-
re la principessina presso dei po-
veri contadini, e quanto ai prin-
cipini inventò tante storie, tanto
fece e tanto disse, che il re li cre-
dette davvero dei pessimi ragazzi,
non si occupò più di loro è non
volle che fossero più ammessi alla
sua presenza.
Allora la cattiva regina, che sa-
peva molti segreti di magia, pre-
parò uno scongiuro e dopo aver
fatto venire i principini dinanzi
a sè, disse:
— Volate lontano di qui, cer-
cate da voi stessi il cibo: diven-
tate dei grandi uccelli senza
voce! —
la Elisa, che in quel momento
dormiva profondamente. Giraro-
no per qualche minuto intorno al
letto, sbatterono rumorosamente
le ali per svegliarla, ma invano.
Costretti dal sortilegio dovettero
riprendere il volo; si alzarono fi-
no alle nubi e si allontanarono
verso la nera foresta che andava
4 finire sulla spiaggia dell’ oceano.
La picola Elisa si svegliò e an-
dò a cogliere fiori e foglie, poi-
chè ormai non aveva più altri ba-
locchi. Con una spina fece un bu-
chino in una foglia e a traverso
quel foro si mise a guardare il
sole: le parve di vedere gli occhi
chiari e splendenti dei suoi fra-
telli; e ogni volta che un soffio di
vento le accarezzava le gote, ti-
cordava i baci che essi le davano
un tempo. Pensava a loro a tra-
verso tutte le monotone occupa-
zioni delle sue lunghe giornate.
Così crebbe e divenne una bellis-
sima fanciulla.
Quando il vento passava sulle
rose del giardino vicino, mormo-
rava: «C’è nulla al mondo che
sia più bello di voi?»
— Oh. Elisa è più bella! —
rispondevano le rose.
Ogni domenica la vecchia con-
tadina che custodiva la princt-
pessa stava seduta dinanzi alla
casuccia a leggere il suo libro di
preghiere; e il vento sfoglianda
Ma essa non potè fare tutto il
male che avrebbe voluto: i gio-
vanetti si trasformarono in bel-
lissimi cigni selvatici, mandarono
un grido strano, e slanciandosi a
traverso le finestre del castello
volarono via sopra il parco, spa-
rirono all’ orizzonte.
All’alba passarono sopra al ca-
solare dove abitava la loro sorel-
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